Sfruttare i meccanismi di riparazione del Dna per combattere i tumori in modo mirato. I ricercatori dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, guidati da Antonio Giordano e del Pascale di Napoli, hanno descritto un nuovo ruolo di una proteina ‘chiave’ – la Cyclin Dependent Kinase 9 (CDK9) – nella regolazione della riparazione del Dna. In pratica, questa proteina nei tumori è alterata e si rivela una temibile alleata del cancro. Ma può diventare il bersaglio di un nuovo approccio terapeutico mirato.
“Questa scoperta – sottolinea a Fortune Italia Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Health Research Organization e responsabile del progetto di ricerca – ci permette di aggiungere un nuovo importante tassello alla comprensione di come le cellule scelgono i cosiddetti meccanismi di riparo, favorendo la conservazione dell’informazione genetica e riducendo l’insorgenza di mutazioni che predispongono al cancro”.
La riparazione del Dna
Si tratta di un processo essenziale, che normalmente protegge il genoma da danni e mutazioni nocive. Nelle cellule umane le normali attività metaboliche e i fattori ambientali possono danneggiare il Dna. Ecco allora che il processo di riparazione deve lavorare in continuazione, per correggere qualsiasi danno nella struttura del Dna stesso. Via via che la cellula invecchia, però, la velocità di riparazione del Dna si riduce finchè non riesce più a tenere il passo con i nuovi insulti. Così la cellula va in contro ad apoptosi (la morte cellulare programmata) o alla formazione dei tumori.
I risultati della ricerca
Lo studio è stato recentemente pubblicato su ‘Oncogene’ (Gruppo Nature). E il risultato è più ampio di quello appena accennato. Il gruppo di ricerca, infatti, ha dimostrato che l’assenza di CDK9, mutata nei tumori, aumenta la sensibilità di queste cellule ai trattamenti chemioterapici.
Tra Napoli e Philadelphia
Il team di Luigi Alfano, ricercatore presso l’Istituto Tumori di Napoli Fondazione Pascale, ha dimostrato come la mancanza della proteina CDK9 impattasse negativamente sul meccanismo della ricombinazione omologa, il più importante processo di riparazione mirato ad evitare la formazione di mutazioni all’interno della sequenza del Dna.
Come spiega Alfano, è come se la proteina CDK9 sorvegliasse il genoma della cellula per evitare la comparsa di errori nella sequenza genica. Ecco allora che la sua alterazione all’interno dei tumori può essere importante per aumentare il carico mutazionale, alla base della trasformazione e progressione dei tumori.
Un “ottimo risultato – commenta Giordano – perché la descrizione del ruolo di CDK9, scoperto da noi nel 1994, apre la strada alla generazione di nuovi inibitori farmacologici che potranno essere utilizzati sia in monoterapia, che in combinazione con altri farmaci, attualmente in uso, per potenziarne l’effetto antitumorale. Inoltre questa scoperta” è un tassello fondamentale per la realizzazione di “ulteriori studi per la valutazione di CDK9 come possibile nuovo fattore predittivo della risposta a trattamenti farmacologici che agiscono proprio sul riparo del Dna”, conclude Giordano.
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