Antonio Giordano lancia un nuovo allarme Lo scienziato italo-americano teorizzò il “Dna bucato”
Dalla mappa della città inquinata agli ultimi dati sullo smog di Legambiente: Napoli e la provincia vivono un’emergenza amnbientale che è anche sanitaria. “I dati epidemiologici a settembre 2023 sono tragici”. A dirlo è il professore Antonio Giordano, presidente dello Sbarro Institute di Filadelfia e professore ordinario di Anatomia patologica all’Università di Siena. Tra il 2020 e il 2022 ha partecipato alla stesura del Pnrr sul rapporto salute e ambiente ed è un riferimento scientifico per i comitati ambientalisti.
Professore, a Napoli e nella sua provincia la mappa dell’inquinamento è un’emergenza costante: quali sono i rischi per la popolazione?
“I cittadini campani vivono da anni in aree caratterizzate da un eccessivo inquinamento. Nelle province di Napoli e Caserta ci si ammala maggiormente rispetto agli anni passati. L’emergenza non è giustificata - come pure si disse- dalla povertà e dagli stili di vita errati, ma principalmente da un ambiente malato e da una pessima gestione del rapporto qualità dell’ambiente e sviluppo di patologie croniche. Anni di denunce non sono riuscite ad arginare il fenomeno. La produzione dei rifiuti è raddoppiata di pari passo con la quella della plastica così come pure sono aumentati, proporzionalmente, i disturbi endocrini, l’ infertilità, il cancro”.
Lei nel 2011 con i suoi studi parlò per primo di “Dna bucato” per i cittadini campani in merito alla Terra dei fuochi: a distanza di quasi 15 anni che aggiornamenti ci sono sui tassi di incidenza tumorale?
“I dati epidemiologici registrati sono tragici. A settembre 2023, il registro tumori Asl Napoli Nord 2 ha censito un eccesso di mortalità per cancro (dati relativi al 2018). Polmone, mammella, vescica, colon retto, tiroide sono solo alcune delle patologie neoplastiche registrate in eccesso nella Terra dei Fuochi. Circa 1,8 milioni di cittadini campani subiscono gli insulti quotidiani da inquinamento ambientale”.
I cittadini chiedono bonifiche e screening per conoscere gli effetti patogeni nell’organismo, eppure c’è chi ancora nega un nesso tra l’inquinamento ambientale e alcune patologie.
“La criticità ambientale, infatti, ci chima ad intervenire con bonifiche e non certo con la creazione di nuovi impianti. In queste aree, ormai non servono nuovi studi, bisogna agire per tutelare la salute pubblica. Serve trasparenza dei dati ed efficienti sistemi di tracciabilità dei rifiuti industriali. Siamo già in ritardo. Identificare il nesso è difficile, certo, ma negarlo è un crimine”.
Lei è stato puntualmente attaccato in questi anni per essere stato un riferimento scientifico di primo piano dei comitati ambientalisti, ha fatto e vinto molte querele: quali sono le responsabilità istituzionali?
“Bisogna monitorare queste aree, bonificarle, istruire la popolazione ad attuare migliori stili di vita ed aumentare i programmi di screening e prevenzione. Non si può nascondere il disastro ambientale che si vive in è Campania”.
Cosa pensa della sanità campana, considerata da molte ricerche la peggiore del Sud, con la fuga dei pazienti al Nord e il primo posto per “mortalità evitabile di uomini e donne”?
“In Campania si registra la più bassa aspettativa di vita, è una regione tristemente nota per la mortalità evitabile. Purtroppo,- questo accade non solo perché si vive in terre fortemente inquinate e contaminate, ma anche perché si ha difficoltà di accesso negli ospedali. Sono nosocomi caratterizzati da un personale snaitario eccellente, ma limitato. Il sistema sanitario della Campania è in ginocchio, c’è un urgente e improrogabile bisogno di implementare le strutture con ulteriori professionisti specializzati”.
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